“…violentissima battaglia al confine con la Striscia durante la quale hanno perso la vita 16 palestinesi”. “Battaglia”: ecco come Repubblica già presenta la mattanza attuata dai cecchini dell’esercito israeliano che sparavano contro inermi civili “colpevoli” solo di protestare pacificamente contro una pulizia etnica che va avanti da decenni.
Ma è solo l’inizio di una, ormai collaudata, campagna mediatica. Il passo successivo sarà annunciare una “commissione di inchiesta”messa su dal governo israeliano che, come tutte le precedenti, finirà in una bolla di sapone ma che, intanto, serve a dare una parvenza di “democrazia” a Israele. E state pur certi che, nei prossimi giorni, gran risalto mediatico verrà dedicato alla inevitabile “vendetta” di qualche disperato palestinese che cercherà – con un coltello da cucina, una automobile sulla folla… – di colpire cittadini israeliani. E se, in qualche manifestazione in Italia o in Europa, qualcuno oserà bruciare una bandiera israeliana, la risposta è già pronta: antisemitismo; come, per giorni, urlarono i media davanti alle proteste contro i bombardamenti su Gaza. Del resto, l’affermazione di Giorgio Napolitano è ormai un dogma: chiunque si mobilità contro il sionismo è un antisemita.
Ma il peggio lo producono i tanti che, perfidamente, interpretano una realtà incontestabile e cioè la presenza di “ebrei” nei vertici di moltissimi mass media. Questo attesta l’esistenza di una qualche “lobby ebraica” che, dominando il mondo dell’informazione, sostiene acriticamente Israele? No. Anzi, si. Ma se la maggioranza degli “ebrei” operanti nel mondo dell’informazione sostiene oggi la pulizia etnica, il genocidio, in Palestina, questo non lo si deve certo ad un qualche “complotto giudaico” che si perpetua da secoli ma alla trasformazione politica e culturale che, a partire dal 1967, hanno subito le comunità ebraiche in Occidente. Intellettuali fino a qualche decennio fa, in prima linea contro l’Imperialismo, oggi asserviti alle direttive di quello che è diventato lo “stato ebraico”. C’è, a tal proposito, un libro bellissimo che bisogna assolutamente leggere: “L’industria dell’Olocausto”; anche perché il suo autore – Norman G. Finkelstein – rappresenta la vestigia di quella intellighenzia ebraica che ha prodotto innumerevoli rivoluzionari: da Marx a Terracini.
Cerchiamo di tenerlo a mente quando scenderemo in piazza per la Palestina.
Francesco Santoianni